NATALE
NEL CUORE
DI UN BAMBINO
Da
grande, forse da bambino, me ne andavo per i campi in cerca di
muschio per il mio novello presepe. Doveva essere qualcosa di
stupendo, qualcosa che doveva somigliare alla mia fantasia più
vermiglia, al mio nome declinato
e pronunciato con tutto l’amore possibile: doveva essere il mio
tentativo più vicino all’idea che avevo del mio
Bambino Gesù. Ed era così. Non c’era molto intorno,
c’erano le foglie che l’autunno aveva sparso ai quattro venti
e le soffici zollette di muschio raccolte a ponente dei piccoli
muri, pietra su pietra, costruiti per dividere la terra dei miseri
contadini d’allora. C’era un utto il sudore e la fatica
accovacciata tra l’impugnatura di una falce e la mezza luna.
C’erano le zampine del mio gattino più curioso di me che si
aggirava come Attila tra la statuetta della pastorella e la
casetta del fornaio. C’era mia madre più in là nella stanza
che vegliava e consigliava, con la sua voce che sapeva di
preghiera e mille altre cose dette piano per non svegliare
quell’attesa che cominciava dal primo di dicembre. Per il mio
presepe ero capace di non dormire per delle notti intere; restavo
nel buio a studiarmi con gli occhi aperti quello che andava
sistemato, i particolari più deliziosi per rendere vero ed
accogliente quell’evento magico che veniva dal cielo e mi
procurava brividi d’emozione. Giorno dopo giorno cresceva la mia
creatura, prendeva forma, si arricchiva e quando tutto era pronto,
non vi erano dubbi: era Natale! L’odore era quello giusto, tra
il mandarino e l’incenso; il suono era quello giusto, tra un
organo di chiesa e l’arpa di un cuore da bambino.
lillino patano
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