di Riccardo Lorusso
Un incontro speciale…
Nei giorni di fine Maggio si rinnova per tutti noi capursesi un appuntamento al quale, credetemi, non possiamo e non dobbiamo rinunciare! Sono convinto che se vi rinunciassimo anche per un sola volta sentiremmo dentro di noi un vuoto, un qualcosa che ci manca! Ma a che cosa mi riferisco? Penso che molti lo avranno già capito: alla festa del nostro santo patrono San Giuseppe, che anche quest’anno la nostra cittadina rivive nei giorni 26, 27 e 28 Maggio.
In queste poche righe vorrei cercare di riflettere su questo appuntamento, sì, dico bene è proprio un appuntamento, al quale non possiamo mancare, che ci è stato tramandato dai nostri padri, un appuntamento così antico che non possiamo dimenticare.
E’ un incontro che presuppone l’intervento di due soggetti: da una parte l’uomo, l’uomo di oggi, di ieri, di domani; l’uomo capursese presente in Capurso fisicamente tutto l’anno, l’uomo emigrante ma che è rimasto capursese dentro, che con sacrifici cerca di essere presente col corpo e non all’ importante appuntamento, l’uomo che non crede, che ha bisogno di un punto di riferimento; l’uomo che ha paura, che si trova in difficoltà e ha bisogno di aiuto e… e poi… Lui, il santo, quel San Giuseppe rappresentato in maniera emblematica dalla nostra immagine lignea come una persona discreta, attenta, a tratti forse severa nel volto ma che ispira sicurezza nel tenere fermamente per mano il bambin Gesù. Che fascino quell’immagine! Se la guardiamo attentamente riesce a donare delle emozioni e delle sicurezze davvero grandi! Se pensiamo, poi, al compito che San Giuseppe ha dovuto assolvere, riusciamo a capire quanto forte sia stato il suo animo, la sua personalità che definirei coraggiosa e da prendere senz’altro come esempio per la famiglia, al centro nel mondo di oggi di una serie di discussioni e incertezze, e,per il lavoro, fonte di soddisfazione personale e sociale nel quale molti di noi non riescono a ritrovare un’identità.
La figura di San Giuseppe inoltre è quella di un grande personaggio storico che non ha nulla da invidiare ad altri personaggi o pseudo tali divenuti per noi oggi miti a volte falsi e inutili.
Non a caso le qualità di questo santo sono state riconosciute dalla Chiesa di rilevante importanza per ogni cristiano, tanto che nel 1870 il papa Pio IX, con Decreto della Congregazione dei Riti, lo dichiarò Patrono della Chiesa Universale.
Il culto di San Giuseppe a Capurso
Ma, a proposito di Capurso, da dove nasce il culto verso questo santo così importante?
E’ indispensabile, dare uno sguardo al passato, affinché possiamo tenere sempre viva la memoria e la cultura delle nostre origini per non dimenticare o distrarci e poi cadere nella superficialità e banalità. La storia costituisce sempre un motivo di interesse e di chiarimento per tanti nostri modi di fare e di pensare: se crediamo quindi di poter costruire il futuro nostro e delle prossime generazioni senza ricordare ciò che è stato, andremo sicuramente incontro ad un fallimento. Dobbiamo anzitutto sapere che prima di San Giuseppe, la cittadina di Capurso ha avuto altri santi protettori, a cominciare da san Sebastiano, San Francesco da Paola e san Rocco scelti quando nel 1657 la terra di Bari fu soggetta a un periodo di pestilenza. Non a caso abbiamo a Capurso una chiesa intitolata a San Francesco da Paola e due tele presenti nella parrocchia del SS. mo Salvatore ove sono raffigurati appunto san Sebastiano e san Rocco.
Ancora, fonti storiche parlano di una nuova pestilenza nel 1691, quando i capursesi vollero affidarsi ad un altro santo taumaturgico quale San Bernardino da Siena.
E proprio quando nel 1700 a Capurso si stava diffondendo la devozione verso la Madonna del Pozzo, compatrona tuttora della cittadina, il popolo capursese, il giorno 28 Marzo 1725, in pubblico parlamento e alla presenza del notaio Ottavio Stanziola, chiese all’allora Sindaco del paese, il Magnifico Orontio Raimundo, di eleggere San Giuseppe quale protettore di Capurso.
Già da prima, comunque, il culto di San Giuseppe si era sviluppato a Capurso, infatti il giorno 1 Marzo 1725 fu commissionata a Mastro Carlo Cintio Altieri di Altamura la costruzione della bellissima statua lignea a cui accennavo in precedenza, custodita ancor oggi nella chiesa del SS.mo Salvatore da molti tra l’altro individuata come “la chiesa di San Giuseppe” e quella stessa statua viene portata in processione durante il giorno della festa.
Allora possiamo dire che se ogni famiglia ha bisogno di un padre, ogni città ha bisogno di un patrono, ovvero di un’ icona, un nome, un mito ed un rito, una storia di fondazione, in cui riconoscere e celebrare il comune sentire: il santo patrono è un angelo custode collettivo.
Tutto questo ci deve far capire quanto importante debba essere il nostro legame con questo santo non solo a livello di fede cristiana ma anche sotto il profilo storico e culturale del nostro paese.
La festa patronale
Un ultimo pensiero e sguardo a questo punto non può che essere rivolto alla festa patronale, quale appuntamento ove poter riscoprire e riesumare dal dimenticatoio tutti questi temi e queste bellissime realtà che molte volte purtroppo non riusciamo a cogliere.
Allora, vista la complessa esistenza che ogni giorno l’uomo contemporaneo vive, sembra lecito chiedersi:” Le feste patronali hanno ancora un senso ai nostri tempi?”
E .. ancora una volta per poter rispondere a questo quesito dobbiamo rivolgere lo sguardo al passato e tenere presente non solo la cultura della festa religiosa appartenente alla realtà cristiana ma riflettere sul senso e sul bisogno di festa che diventa folklore, quasi magia, anche in culture differenti, a cominciare da quella ebraica sino a quella pagana romana e greca, per fermarci alle nostre più dirette antenate.
Allora come può oggi essere scomparsa nell’uomo quell’indole ludica direi quasi infantile che va ad innestarsi in quell’aspetto più grande dato dal bisogno dell’uomo di protezione e quindi della divinità, di Dio? Mi sembra opportuno riportare uno stralcio della nota pastorale sulle feste religiose popolari del 4 febbraio 1998 redatta dalla conferenza episcopale pugliese dal titolo “Le nostre Feste”, ove vengono analizzati aspetti dottrinali e normativi in materia di feste patronali:” Dono di Dio e della sua eterna bellezza, la festa è nell’uomo come scintilla di quella increata festa del cielo; frammento di eternità rinchiuso nel cuore dell’uomo; forza vitale di insopprimibile e prepotente bisogno, sì che l’uomo non può vivere senza di essa. (…)”.
Inoltre nel regolamento diocesano del 8 Maggio 1992 leggiamo:”(…) la festa patronale è una festa religiosa, patrimonio spirituale, culturale e sociale che fa parte integrante delle nostre città e dei nostri paesi. La Bibbia ci fa conoscere che la festa è memoriale nella continua irruzione di Dio nella storia e della sua azione liberatrice (Es. 12, 1 – 14). (…)”
Cogliamo la festa come un momento religioso forte che interrompe le abitudini quotidiane, un’occasione per rimettere “in forma” una comunità, risvegliare il legame con le proprie origini, rispettare i propri avi che donavano ai santi ciò che avevano di più prezioso, rispettare gli emigrati.
Un’occasione per vestire di luci e colori il paese che assume un aspetto diverso dal quotidiano, che sembra rinvigorito e rivitalizzato: non rinunciamo quindi alla cornice entusiasmante dei concerti bandistici, dei fuochi pirotecnici architettura del colore, delle luminarie architettura della luce e di tanti altri aspetti a noi ben noti ma che tante volte consideriamo ben poco.
Facciamo allora del nostro meglio per non abbandonare questi profondi aspetti culturali delle nostre terre ma valorizzarli anche compatibilmente con le nuove tecnologie che la società odierna ci fornisce.