FEDERICO
EPIFANIA
Discendente da una nobile ed antica famiglia, nacque a Marsico
Nuovo (PZ). Il padre, Gennaro, dovette subire una serie di
processi inquisitori che provocarono lo spostamento del suo
ufficio di Giudice Circondariale prima a San Mauro Forte, poi ad
Arce, Terlizzi, Noci, Rutigliano e infine a Capurso dove
Federico Epifania arrivò in giovanissima età.
Maggiore di otto fratelli, Federico, a soli 15 anni rimase
orfano di padre e con numerosi sacrifici riuscì a provvedere
sia alla famiglia sia agli studi in lettere italiane e latine,
filosofia e pedagogia.
Dal 1866 fu il maestro
a Capurso. Insegnò a varie generazioni di capursesi, così come
in passato avevano fatto Mizzi e Torricella, divenendo
l’educatore, non solo degli scolaretti elementari, ma di tutti
i capursesi, contadini, artigiani o intellettuali che fossero.
Si dedicò anche alla poesia scrivendo numerosi componimenti e
dedicando un libro di versi ai suoi discepoli. Tra questi, una
citazione merita l’avv. Gennaro Venisti che gli rimase per
sempre grandissimo amico.
Morì a Capurso il 28 luglio del 1916. |
BEATO
EGIDIO
Francesco Pontillo. Questo fu il suo nome prima che vestisse
l’abito francescano. Nato a Taranto nel novembre del 1729, di
origini umilissime, Francesco, sin dall’età di dieci anni,
aiutò il padre nel lavoro di funaio per poi sostenere da solo
l’intera famiglia dopo la perdita del genitore nel 1747.
Il 27 febbraio del 1754, a Galatone (LE), entrò nell’Ordine
dei frati Minori e assunse il nome di frate
Egidio Maria di S. Giuseppe. Dopo aver vissuto per qualche
anno nel Convento di Squinzano (LE), fra Egidio fu destinato al
Reale Convento di S. Pasquale a Chiaia. Fu allora che passando
da Capurso volle inginocchiarsi dinanzi all’immagine della
Madonna del Pozzo, venerata a Capurso da oltre cinquant’anni.
Ne rimase folgorato e da quel momento non smise più di
rivolgersi alla Vergine del Pozzo chiedendole miracoli ed
intercessioni per i più bisognosi.
Trasferitosi a Napoli, diffuse il culto per la Madonna del Pozzo
e istituì una festa nello stesso giorno in cui si celebrava
quella nella mai dimenticata Capurso. Compì numerosissimi
miracoli rivolgendosi alla preziosa immaginetta della Vergine
del Pozzo custodita nel suo inseparabile reliquiario. Morì a 83
anni, il 7 febbraio del 1812.
Il
2 giugno del 1996, il Beato Egidio, è stato dichiarato Santo
da Giovanni Paolo II. |
MARCO
DE GIOSA
Farmacista e uomo di grande cultura fu sindaco del nostro paese
per due volte.
Nacque a Capurso il 5 aprile del 1864 e vi morì il 26 agosto
del 1919.
Fu protagonista della vita politica Capursese nei primissimi
anni di questo secolo e per l’esattezza durante le elezioni
amministrative del 1906; suo malgrado, infatti, dovette
combattere quale “nemico politico” colui che fino a quel
giorno era stato il suo più grande “amico di vita”:
l’avvocato Gennaro Venisti.
Pastore nel suo “Capurso
–Tra storia e cronaca” scrive di un episodio che dipinge
l’incandescente clima di quei giorni. Vale la pena riproporlo
in questa pagina.
“La competizione si svolgeva in febbraio, in pieno
periodo carnevalesco. Il partito del Venisti per l’occasione
organizzò una mascherata allegorica offensiva dell’onorabilità
del De Giosa. ……sfilò in quei giorni un corteo
rappresentante una pseudo-confraternita religiosa…-
che intonava- …il seguente canto funebre: ”La
congregh d Sand Martin / s’allong la nott e scrèscie la matin!”.
Il partito del De Giosa, per contro, allestì tre testoni di
cartapesta, che erano
altrettante caricature degli avversari.…Ne nacquero dei
tafferugli, durante i quali molta gente riportò serie
ferite”.
De Giosa, pur vittima delle offese, ma a tutti noto come persona
rispettabilissima, vinse a grande maggioranza e divenne sindaco
di Capurso. |
DON
GIUSEPPE DE MATTIA
Nacque nel 1838 e fu Arciprete a Capurso sul finire del XIX
sec., periodo assai infelice per i Preti capursesi.
Infatti, da poco soppressi gli Ordini Religiosi (1866), il
Santuario della Madonna del Pozzo era rimasto orfano degli
Alcantarini, fino ad allora custodi della basilica.
L’Amministrazione dell’epoca, per sopperire a tale assenza e
per godere degli ingenti beni mobili ed immobili del Santuario,
si fece carico di nominare tra i Preti presenti a Capurso un
cappellano, un tesoriere e quattro coadiutori che provvedessero
a governare la chiesa negli anni a seguire.
Don Giuseppe De Mattia fu tesoriere dal 1879 al 1895 e
coadiutore dal 1903 al 1905, anno in cui si dimise per far
fronte ad “altri più
gravosi impegni e doveri d’ufficio”.
Il sacerdote, che trovò la morte nel 1922, fece anche parte
della sezione maschile del Terz’Ordine Francescano. |
GIUSEPPE
DI VAGNO
Nacque a Conversano il 12 aprile 1889 e, pur non essendo attivo
protagonista della vita politica del nostro paese, la sua fama
crebbe all’epoca delle elezioni generali del 1921, quando,
nella lista socialista, fu eletto deputato.
Veniamo al dunque. Pochi giorni dopo la sua elezione,
l’onorevole socialista tenne nella piazza principale della sua
Conversano un comizio che
provocò numerosi incidenti tra le opposte fazioni. Si mise mano
alle pistole e, tragicamente, rimasero riversi al suolo due
corpi, uno dei quali appartenente a Emilio Ingravalle, studente
capursese di soli 16 anni.
L’episodio fu come benzina sul fuoco, tanto che lo stesso Di
Vagno rimase vittima di un agguato che gli costò la vita nella
vicina Mola il 25 settembre 1921.
Curioso è che circa quindici anni dopo, Francesco Cardone,
Podestà di Capurso, propose di intitolare l’attuale Piazza
Libertà allo studente Emilio Ingravalle. Non se ne fece nulla;
anzi, pochi anni orsono, la titolazione di una strada è andata
a quello che fu l’avversario politico dell’Ingravalle. |
CONVERSO
Fu un pittore di origine materana, sposatosi a Capurso e
ricordato soprattutto perché con don Domenico Tanzella scese
nel pozzo dove fu rinvenuta, nel 1705, l’immagine della
Madonna del Pozzo. Lì, dopo lo stupore e la meraviglia, il
pittore si apprestò ad asportare l’affresco dalla parete
quando d’improvviso esso da solo si distaccò miracolosamente
posandosi tra le braccia del sacerdote capursese.
Converso fu anche impegnato in quegli anni ad affrescare la
cappella di San Lorenzo (oggi scomparsa) dove si custodì
l’immagine della Madonna del Pozzo fino a quando fu costruita
l’attuale basilica.
Fu allora, si era nel 1706, che il pittore - come ci racconta M.
Mariella nel suo “Il santuario di Capurso”- “spinto
da necessità o ingordigia di ricchezze decise di rubare i tre
donativi che la Madonna aveva ricevuti alcuni giorni prima”.
Si trattava di donativi in oro che i miracolati avevano offerto
alla Vergine in segno di devozione.
Mariella continua: “Non
appena il pittore ebbe rubato i monili, il cielo si oscurò e il
giorno si mutò repentinamente in notte fonda”.
Il Converso fu così imprigionato e solo successivamente confessò
il reato riconsegnando l’oro. “Ed
ecco il prodigio! …il cielo si rasserenò, i fulmini si
dispersero e i tuoni cessarono come per incanto”.
Per vendicarsi il pittore cercò di screditare in tutti modi don
Domenico Tanzella fino al punto di inventarsi una storia che
rendeva falso il ritrovamento dell’immagine della Madonna.
Come ancora oggi possiamo ben constatare, egli non riuscì nel
suo intento. |
DON
DIOMEDE D'ALBA
Don Diomede D’Alba fu arciprete della Chiesa Matrice di
Capurso e noto in quanto, nel 1614, con il suo procuratore
capitolare Francescantonio Porcelli, con il dottore in medicina
e Sindaco dell’Università di Capurso Luzio Adamo e con
Padre Ludovico da Monopoli, si adoperò per la
costruzione del Convento di San Francesco da Paola.
A questo scopo preziosissime furono le donazioni in terre e
danari che vollero fare il sacerdote Gian Paolo Mizio e
Francesco Manipolo suo cognato.
Il Clero cedette l’antica Chiesa di Ara
Coeli e al suo posto don Diomede D’Alba vide posare la
prima pietra del Convento dei Padri Minimi da lui tanto voluto. |
LUIGI
CINEFRA
L'ultimo anno del XVIII sec. costitui' in Puglia periodo di
violenti e feroci scontri tra i sostenitori delle idee
rivoluzionarie che avevano costruito i successi della
Rivoluzione Francese e i fanatici dell'ormai antico e
agonizzante regime borbonico detti sanfedisti.
In Terra di Bari a causa degli scontri ci fu grande spargimento
di sangue ma ciò non arrestò il dilagare delle idee liberali
venute d’oltralpe che attecchirono in maniera straordinaria in
paesi come Palo, Acquaviva, Valenzano, Modugno, Castellana e
Ceglie. Questi
paesi furono messi a ferro e fuoco dalle cruente battaglie che
vi si disputavano e dai saccheggi e dalle scorribande
commesse sia dai Borbonici sia dall’esercito francese
giunto a dar manforte ai liberali.
Così Capurso, dopo le stragi di Carbonara e Ceglie, si trovò
ad essere minacciata dai sanfedisti e fu solo per merito di Luigi Cinefra che fu salvata dal
saccheggio.
Difatti il Cinefra pur essendo nato a Capurso nel 1771
per ragioni politiche fu costretto a fuggire in Francia
dove si arruolò nell’esercito e ne divenne ufficiale. Il suo
alto grado gli permise di chiedere al generale francese
Broussier di risparmiare la sua città natale e proteggerla
dalle scorrerie borboniche.
Capurso fu fatta salva e le truppe francesi, una volta
rimuneratesi in paese, proseguirono verso Montrone e Rutigliano.
Il Cinefra continuò a seguire i Francesi fino a quando, dopo
essere stato fatto prigioniero e rientrato in Francia, tornò in
Italia stabilendosi a Melissa di Calabria. Mori nel 1848. |
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